Sette Donne

BAGNAROLA 1711

Cera il vino AGRIBU

La Predatrice


"Anniversario"

“Un ristorante, una cena di anniversario, tre coppie, un cameriere. Tra ironia e crudeltà, ipocrisia e incomprensioni, odio represso e ricordi , la “verità” emerge sottile dal caos della realtà apparente in un gioco al massacro fatto di parole vuote, che tentano inutilmente di mascherare una profonda solitudine e un’incomunicabilità disarmante, contemporanea, specchio inesorabile e spietato di questo nostro tempo”

 

con

Alice Alvisi

Patrizia Barbieri

Maria Battiato

Lorenza Fantoni

Barbara Merlini

Isabella Rubini

 

Donatella Stanghellini

 

 

“Cena una volta…”

 

un “assaggio” di cucina - teatro, un atelier della teatralità all’insegna dei piaceri della tavola.

In un momento storico – culturale in cui si mangia troppo o troppo poco, una carrellata autoironica e dissacrante su vino, tagliatelle, “pancette” e dintorni, in altre parole, sull’amore per il cibo e per il vino.

A colpi di bilancia, diete e dispiaceri, questa passione potrà per una sera liberamente trionfare, e finalmente uscire dall’inutile e dannoso “senso di colpa”. Ameno per un po’.

 

Questo spettacolo è il frutto prezioso di un lavoro di ensemble, di un lavoro corale, di un gruppo, per intenderci. Le attrici e l’attore in scena, hanno scritto alcuni dei testi, altri hanno fatto gli adattamenti dei testi, hanno continuamente portato idee e creatività, realizzando così il mio sogno di pedagoga teatrale che crede profondamente che un attore debba essere anche un “autore”, e non soltanto un mero strumento nelle mani di un regista o di un insegnante. E’ a questa pedagogia del teatro che i miei “maestri” mi hanno educata, ed è, a mio parere, l’unico modo in cui si può tentare di trasmettere questo particolare tipo di materia, che non si può proprio insegnare..

Tema dello spettacolo è l’AMORE, l’amore per il cibo e per il vino, ma anche e soprattutto, l’ Amore per questo particolare tipo di arte che è

“ fare teatro”

Questo atto non può avvenire se non si è generosi , e non si compie, se un artista , sia esso un poeta, un pittore, uno scrittore o, come in questo particolare caso, un attore, non è disposto a “donarsi” totalmente, in altre parole, a fare pieno dono di sé in scena , per la scena, e per tutti coloro che lo guardano. Quindi senza lo spettatore, questo atto non potrebbe compiersi. Senza questa reciprocità, il Teatro non si fa.

« L’estate incantata »

fiaba corale che trae spunto dal romanzo di Ray Bradebury, palcoscenico il paese di Vedrana!!!

 

Cosa può accadere nel fuggevole e irripetibile arco di un’estate?

Come nel romanzo, anche sulla scena la narrazione procede in modo discontinuo, come in sogno, in una dimensione onirica dentro la quale i personaggi restituiscono una poesia velata da una struggente nostalgia per le piccole cose, quali il profumo dell’erba tagliata, il vino di dente di leone, la polvere, il caldo soffio del vento d’estate, sapori svelati di una cucina magica, ricordi dal passato che spuntano da un vecchio baule, l’onnipotenza della giovinezza, un gelato vaniglia e limone …

Se l’estate è, come dice l’autore, « incantata », può succedere di ritrovarsi magicamente a stupirsi della bellezza della vita, di coglierne il suo significato più profondo: desideri che nascono e muoiono, il coraggio dei sentimenti, la preziosità delle piccole gioie e delle emozioni quali la paura, il dolore, l’odio, ma anche, e soprattutto, l’amore, l’infanzia, la vecchiaia, il sogno…..

Possiamo comprendere che le piccole conquiste come quelle grandi, sono preziose per la nostra crescita personale e corale, e che il dolore è un potente motore per creare, per trasformare, trasformarci.

Come i due blocchi di ghiaccio rinascono lago e trovano un cuore, così, i personaggi di questo mondo incantato vivono ed incarnano insieme sulla scena la propria trasformazione. Alla fine di questo viaggio anche loro scoprono di aver trovato un cuore, un cuore nuovo, ma anche e soprattutto una nuova fede.

 

L’obiettivo che io mi sono data in qualità di regista/pedagoga teatrale della Compagnia Teatrale dell’Associazione “Il Sogno”, è stato quello di creare un ensemble, un coro. Credo che la realizzazione di questo sogno possa essere la nostra più grande forza e che al di là dei ruoli che giochiamo, ciò che più importa è sentire forte la necessità di divenire un unico Ensemble artistico, che gioca lo stesso contenuto e che si diverte e si sacrifica attorno alle stesse idee.

 

Ecco perché le attrici sono tutte in scena, quasi sempre, per questo tipo di teatro non c’è alternativa, occorre essere un ensemble. Non è sempre facile, ma, quando è successo, l’energia che questo ha suscitato in noi è stata grande.

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